La neve è come l'acqua, penso, ma con una differenza. Sai già che se ne andrà, ma per un momento ti dà la sensa zione di poter restare. Le parole sono come la neve.
Si comincia appunto con la neve, in uno dei paesi, la Svizzera, che più richiama i paesaggi e i sentimenti della neve. Si comincia con le orme che sulla neve sono state lasciate, 14 orme per 7 passi, e più avanti il corpo di un uomo che è stato uno dei più grandi e sottovalutati scrittori del Novecento europeo. Si comincia, ancora, con l'illusione che quelle orme rimangano, anzi, sollecitino ancora passi che calpestino il nostro cuore. E che anche le parole - sì, le parole - siano orme che resistono, magari più di una manto di neve.
Comincia così uno dei libri più intensi che mi sia capitato in questi anni tra i molti che hanno provato a intrecciare il mistero della scrittura e il mistero dei luoghi: Verso il bianco di Paolo Miorandi, sottotitolo Diario di viaggio sulle orme di Robert Walser, recente proposta di una casa editrice, Exòrma, che difficilmente sbaglia un colpo.
Si comincia, appunto, da quel giorno di Natale del 1956 in cui Robert Walser viene trovato senza vita su un sentiero di montagna e consegnato allì'immobilità di una foto in bianco e nero scattata da un poliziotto. Ma da lì comincia un viaggio a ritroso, o meglio, cominciano più viaggi: intorno a Herisau, nella Svizzera tedesca dove Walser ha vissuto, in manicomio, i 23 anni conclusivi della sua vita; nelle profondità della sua anima e della sua scrittura che non traccia piste, ma cancella impronte (a proposito di orme); nella nostra stessa intimità, perché è a questo che ci richiamano le pagine di Miorandi, cacciatore di stupori e di malinconia.
Ogni volta lascio che la strada mi guidi verso il punto che il mio occhio ancora non vede, dove il silenzio copre le voci.
Così scrive Miorandi, in questo libro in cui il viaggio si fa poesia, emozione dell'istante e del ricordo. Sollecitandomi, tra l'altro, ai miei ricordi di Dino Campana, altro poeta trascurato in vita e consegnato al manicomio, ma capace di attingere a una sorprendente leggerezza nel cammino.
Così simili, in fondo. Così indispensabili, Robert e Dino.
Si comincia appunto con la neve, in uno dei paesi, la Svizzera, che più richiama i paesaggi e i sentimenti della neve. Si comincia con le orme che sulla neve sono state lasciate, 14 orme per 7 passi, e più avanti il corpo di un uomo che è stato uno dei più grandi e sottovalutati scrittori del Novecento europeo. Si comincia, ancora, con l'illusione che quelle orme rimangano, anzi, sollecitino ancora passi che calpestino il nostro cuore. E che anche le parole - sì, le parole - siano orme che resistono, magari più di una manto di neve.
Comincia così uno dei libri più intensi che mi sia capitato in questi anni tra i molti che hanno provato a intrecciare il mistero della scrittura e il mistero dei luoghi: Verso il bianco di Paolo Miorandi, sottotitolo Diario di viaggio sulle orme di Robert Walser, recente proposta di una casa editrice, Exòrma, che difficilmente sbaglia un colpo.
Si comincia, appunto, da quel giorno di Natale del 1956 in cui Robert Walser viene trovato senza vita su un sentiero di montagna e consegnato allì'immobilità di una foto in bianco e nero scattata da un poliziotto. Ma da lì comincia un viaggio a ritroso, o meglio, cominciano più viaggi: intorno a Herisau, nella Svizzera tedesca dove Walser ha vissuto, in manicomio, i 23 anni conclusivi della sua vita; nelle profondità della sua anima e della sua scrittura che non traccia piste, ma cancella impronte (a proposito di orme); nella nostra stessa intimità, perché è a questo che ci richiamano le pagine di Miorandi, cacciatore di stupori e di malinconia.
Ogni volta lascio che la strada mi guidi verso il punto che il mio occhio ancora non vede, dove il silenzio copre le voci.
Così scrive Miorandi, in questo libro in cui il viaggio si fa poesia, emozione dell'istante e del ricordo. Sollecitandomi, tra l'altro, ai miei ricordi di Dino Campana, altro poeta trascurato in vita e consegnato al manicomio, ma capace di attingere a una sorprendente leggerezza nel cammino.
Così simili, in fondo. Così indispensabili, Robert e Dino.
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