Quando andai a guardate fuori di notte, era ancora là seduto su quella sedia. Stava giusto cadendo una stella dorata ed era più bella e forse perfino più giusta di tutte le stelle su questa strana terra.
Prendete un uomo che è nato a Praga, ma non ai tempi di Praga magica, quelli dell'imperatore asburgico e del tirare a campare alla meno peggio. No, un uomo che appartiene a una famiglia ebrea ai tempi dell'occupazione nazista, con diversi familiari che finiranno nei campi di concentramento. Lui si salverà per uno strano caso - pare che si fossero dimenticati di circonciderlo - però la liberazione sarà anche l'inizio dei tempi cupi del socialismo reale, quando c'era ancora un paese comparso dalle carte, la Cecoslovacchia.
Aggiungete che questo uomo, appassionato di hockey su ghiaccio, riuscì a diventare un bravo cronista sportivo. Tuttavia poco più che trentenne una grave malattia mentale lo catturò e non lo lasciò più libero, per i pochi anni che gli rimasero da vivere.
E dunque, quale libro può venire fuori da tutto questo? Auschwitz più pazzia, voi che dite? Lui si chiamava Ota Pavel - il realtà uno pseudonimo. La morte dei caprioli belli è il suo esile romanzo, pubblicato da Keller. E contro ogni pronostico: per qualcuno è il libro più antidepressivo del mondo.
Pensare che c'è molto della sua storia della famiglia - ebrei sotto il tallone della Storia del Novecento. Eppure è chiaro che cosa vi rimarrà impresso di questo libro.
Il babbo di Ota, per esempio, commesso viaggiatore e sognatore, donnaiolo impenitente e impenitente artefice di variegati disastri imprenditoriali, si tratti di un laghetto per la pesca come di un allevamento di maiali. E la mamma, certo, la mamma, così solida e paziente, la parte della famiglia con il buon senso da vendere, ma anche con una stupefacente capacità di rinnovare il sentimento e ricominciare. E poi questo sguardo sulla vita, questa leggerezza, questa capacità di stupore. Questa luce capace di rischiarare anche i giorni più cupi. Di strappare un sorriso malgrado tutto.
Già, il libro più antidepressivo del mondo: o comunque tra i più meritevoli, in questa speciale classifica. Curioso che a scriverlo sia stato un malato di depressione. Ma questo è il potere della scrittura. Questa è la rivelazione di un uomo che lasciò scritto:
Mi piacerebbe guadagnare tanti soldi nella vita da avere sempre qualche spicciolo avanzato per un mazzo di fiori da mettere sulla mia scrivania.
Prendete un uomo che è nato a Praga, ma non ai tempi di Praga magica, quelli dell'imperatore asburgico e del tirare a campare alla meno peggio. No, un uomo che appartiene a una famiglia ebrea ai tempi dell'occupazione nazista, con diversi familiari che finiranno nei campi di concentramento. Lui si salverà per uno strano caso - pare che si fossero dimenticati di circonciderlo - però la liberazione sarà anche l'inizio dei tempi cupi del socialismo reale, quando c'era ancora un paese comparso dalle carte, la Cecoslovacchia.
Aggiungete che questo uomo, appassionato di hockey su ghiaccio, riuscì a diventare un bravo cronista sportivo. Tuttavia poco più che trentenne una grave malattia mentale lo catturò e non lo lasciò più libero, per i pochi anni che gli rimasero da vivere.
E dunque, quale libro può venire fuori da tutto questo? Auschwitz più pazzia, voi che dite? Lui si chiamava Ota Pavel - il realtà uno pseudonimo. La morte dei caprioli belli è il suo esile romanzo, pubblicato da Keller. E contro ogni pronostico: per qualcuno è il libro più antidepressivo del mondo.
Pensare che c'è molto della sua storia della famiglia - ebrei sotto il tallone della Storia del Novecento. Eppure è chiaro che cosa vi rimarrà impresso di questo libro.
Il babbo di Ota, per esempio, commesso viaggiatore e sognatore, donnaiolo impenitente e impenitente artefice di variegati disastri imprenditoriali, si tratti di un laghetto per la pesca come di un allevamento di maiali. E la mamma, certo, la mamma, così solida e paziente, la parte della famiglia con il buon senso da vendere, ma anche con una stupefacente capacità di rinnovare il sentimento e ricominciare. E poi questo sguardo sulla vita, questa leggerezza, questa capacità di stupore. Questa luce capace di rischiarare anche i giorni più cupi. Di strappare un sorriso malgrado tutto.
Già, il libro più antidepressivo del mondo: o comunque tra i più meritevoli, in questa speciale classifica. Curioso che a scriverlo sia stato un malato di depressione. Ma questo è il potere della scrittura. Questa è la rivelazione di un uomo che lasciò scritto:
Mi piacerebbe guadagnare tanti soldi nella vita da avere sempre qualche spicciolo avanzato per un mazzo di fiori da mettere sulla mia scrivania.
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