Me l'avevano caldamente consigliato, solo che non ci credevo. Come si fa a leggere un libro sul Congo di quasi settecento pagine? Cosa ci sarà mai da raccontare sul Congo? E soprattutto, cosa c'entro io col Congo?
Ecco, domande così, giusto per mettere le mani avanti. Giusto per staccare un attimo, prendere fiato e azzardarmi in questo giudizio: signori, era vero, Congo di David Van Reybrouck è un capolavoro. Un libro da leggere e da regalare, a dispetto di tutto. Un libro che ci insegna come si può raccontare la storia di un paese, con tutte le storie che ci sono dentro. Mica solo quelle di un dittatore sanguinario, di qualche guerra incomprensibile e di un pugile che non era solo un pugile - si chiamava Muhammad Alì - che a Kinshasa entrò nella leggenda.
Prima di tutto è una questione di sguardo. E' questione di sguardo sul nostro sguardo. Dici Congo e pensi a un esploratore che si chiamava Stanley, al celeberrimo "Dottor Livingston, suppongo?", galateo britannico in mezzo alla giungla, pensi a quell'incontro e al fatto che tutto sembra cominciato in quel modo.
Bizzarro, però, cominciare la storia del Congo con un europeo, quando è qui cominciata la storia dell'uomo.... E che bravo Van Reybrouck ad azzardare un colpo di occhio su ciò che c'è stato prima, per quanto se ne possa sapere, nel silenzio di ogni parola... "Allora non sapevamo che nel mondo esistessero persone con un colore della pelle diverso dal nostro... "
Questione di sguardo sul nostro sguardo, appunto. Il Congo, così remoto, così a parte, una sua storia, certo, ma una storia che non ci riguarda. E invece, ecco qui: la colonia personale del re del Belgio, il suo caucciù e il suo uranio che cambiano l'economia del mondo. Il crack di Wall Street del 1929 che arriva sin qui, le due guerre mondiali che anche il Congo combatte - perfino nelle trincee europee - e un vittoria sull'esercito fascista che fu uno dei peggiori - e più dimenticati - disastri del colonialismo italiano....
Solo per dire qualcosa, solo per dire che Congo è un grande mare in cui ci si può immergere e trovare l'insospettabile: fili che legano gli anni e che ci riportano a noi.
Poi arrivate in fondo e capite finalmente che perfino la parola globalizzazione ha trovato un altro senso, che per capirla non importa andare a lezione dai grandi dell'economia.
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