lunedì 3 agosto 2015

Il viaggio del grande Kapu a casa sua

Ho inseguito le sue parole, i suoi sguardi sul mondo, fino nel cuore dell'Africa, fino nei villaggi più sperduti delle Ande, ma non lo avevo mai incontrato sulla sua terra: sarà che per un reporter irrequieto, un giornalista viaggiatore come lui, è davvero difficile immaginarsi casa e radici. Certo più facile pensare ai luoghi cui è arrivato che a un luogo da cui è partito.

E invece, eccolo il mondo di Ryszard Kapuscinski, nato a Pinsk, in quella che un tempo era Polonia e che oggi, dopo i rovesci della storia, è Bielorussia: un mondo di campagne remote, piccole cittadine di provincia, villaggi sempre uguali a se stessi. Contadini, zatterieri, soldati di leva, giovani decisi a tentare la sorte nella grande città. Questo è ciò che si legge in Giungla polacca (Feltrinelli).

Il mondo dell'infanzia e dell'adolescenza di Kapuscinski, prima che diventasse il Kapuscinski che conosciamo. Racconti più che reportage, opere di un uomo all'inizio della sua straordinara parabola umana e professionale, forse ancora alla ricerca della sua strada.

Però incredibile, proprio questo sembra uno dei viaggi che più hanno portato lontano il grande Kapu. In un mondo davvero distante, un mondo che poi ha dovuto fare i conti con la guerra e lo stalinismo. Un mondo che non c'è più.

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