venerdì 13 luglio 2012

Folco Terzani e la sua storia a piedi nudi

"Baba, where are you from?" gli chiedo.
"Italy".
Rimango di sasso. Il giorno dopo torno insieme ai miei due amici a trovare Baba Cesare. Gli faccio delle domande sulla sua vita e lui ha sempre delle risposte pronte - chiare, ironiche, dure. Mi dice che se sono veramente interessato posso restare, c'è una grotticina lì vicino dove posso dormire. E io cosa farei in un posto così?
"Puoi guardare il sole che sorge la mattina e tramonta la sera".

Mi sbaglierò, ma credo che il libro di Folco Terzani sia nato anni fa, da questa risposta. Ben oltre la sorpresa per un baba che non è nato sulle sponde del Gange, figlio di un commercialista nostrano. Oltre anche la voglia di raccontare una storia dentro la quale ci sono già molte cose,  gli anni Sessanta e Settanta, la crisi di una generazione che non riuscì a scalare il cielo, le utopie e le controculture, un mondo in fuga tra droghe e guru.

Parlasse solo di questo A piedi nudi sulla terra sarebbe solo un libro per guardarsi indietro, una discutibile possibilità di riscatto, forse un alibi. Però Folco in questo è fatto della stessa sostanza del padre. E' curioso perchè sa che si vive davvero solo ponendo domande. Racconta storie perché in fondo sa che si tratta della sua stessa storia.

E davvero, non gli sarebbe mai capitato di raccontare la storia di baba Cesare, se lui stesso non si fosse messo in cammino, se non avesse trovato l'India quando l'India non era nemmeno più tanto di moda, senza cadere nelle facili seduzioni delle spiagge di Goa e delle ricette New Age un tanto a mantra.

Racconta un viaggio, Folco, ma solo perché lui stesso si è levato le scarpe e ha camminato a piedi nudi, seguendo il corso del fiume. Avvertendo qualcosa dentro. Lasciandolo crescere. Agggiungendo passo a passo. 

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