Scrivo della miseria che è davanti ai nostri occhi e che facciamo
finta di non vedere. Scrivo perché il lettore si ribelli, e non c'è
altro modo che emozionarlo, che farlo innamorare con la verità
Che belle queste parole di Jean-Claude Izzo, scrittore che abbiamo perso troppo presto, autore di grandissimi noir ma prima di tutto cantore di un'umanità dolente. Uomo che sapeva guardare e che non nascondeva il suo sguardo. Gran solitario che aveva un maledetto bisogno degli altri. Allergico a ogni liturgia mondana che si trovò a gestire un successo inaspettato. Legato in modo indissolubile a un solo posto, Marsiglia, ma a un posto che da sempre ha nel suo Dna le lontananze e le mescolanze, porto che è come dire tutto il Mediterraneo, traffici e meticciato, scontri e incontri.
E' un mondo che ho imparato a conoscere anche attraverso i suoi libri, a partire dalla trilogia di Fabio Montale. Calli alle mani e bistrot, zuppe di pesce e casse da scaricare ai moli, mazzi di carte e parole arabe mescolate al francese.
Non sapevo che Jean-Claude Izzo era stato anche un bravo giornalista. Uno di quei giornalisti che non finiscono in televisione a ogni momento o che non sgomitano con il titolo più gridato. Un giornalista che lavorava con pazienza alle sue inchieste e non scriveva delle celebrità della Costa Azzurra, ma di vita in fabbrica e di quartieri dormitorio. Consumava scarpe, Jean-Claude Izzo, perché un buon cronista fa così, prende e va a vedere. Un giornalista militante, si direbbe oggi, o meglio, si diceva allora.
Non so se ci vedete il nesso, ma per me tutto torna, gli articoli sul lavoro degli operai siderurgici e i personaggi come Lole la zingara. Verità e poesia. Poesia e verità.
Che belle queste parole di Jean-Claude Izzo, scrittore che abbiamo perso troppo presto, autore di grandissimi noir ma prima di tutto cantore di un'umanità dolente. Uomo che sapeva guardare e che non nascondeva il suo sguardo. Gran solitario che aveva un maledetto bisogno degli altri. Allergico a ogni liturgia mondana che si trovò a gestire un successo inaspettato. Legato in modo indissolubile a un solo posto, Marsiglia, ma a un posto che da sempre ha nel suo Dna le lontananze e le mescolanze, porto che è come dire tutto il Mediterraneo, traffici e meticciato, scontri e incontri.
E' un mondo che ho imparato a conoscere anche attraverso i suoi libri, a partire dalla trilogia di Fabio Montale. Calli alle mani e bistrot, zuppe di pesce e casse da scaricare ai moli, mazzi di carte e parole arabe mescolate al francese.
Non sapevo che Jean-Claude Izzo era stato anche un bravo giornalista. Uno di quei giornalisti che non finiscono in televisione a ogni momento o che non sgomitano con il titolo più gridato. Un giornalista che lavorava con pazienza alle sue inchieste e non scriveva delle celebrità della Costa Azzurra, ma di vita in fabbrica e di quartieri dormitorio. Consumava scarpe, Jean-Claude Izzo, perché un buon cronista fa così, prende e va a vedere. Un giornalista militante, si direbbe oggi, o meglio, si diceva allora.
Non so se ci vedete il nesso, ma per me tutto torna, gli articoli sul lavoro degli operai siderurgici e i personaggi come Lole la zingara. Verità e poesia. Poesia e verità.
Nessun commento:
Posta un commento