Ci sono molte cose per cui dovremmo essere tutti grati a Fernanda Pivano: per il suo sorriso e per la dolcezza con cui ci ha preso per mano e ci ha presentato alcuni dei grandissimi del Novecento, senza presunzione, senza affettazione, come avrebbe fatto una sorella maggiore; per i libri e gli autori che ci ha permesso di conoscere; per un'idea di cultura non confinata nel chiuso delle biblioteche e delle accademie, ma capace di nutrirsi di orizzonti, distanze, alternative...
Io la ringrazio per la sua America, per l'America che mi ha donato, che ha rovesciato sulle mie inquietudini, sulle mie idiosincrasie, perfino sui miei pregiudizi.
L'America che era l'altra America, un'America non scontata, un'America che era lontana e allo stesso tempo poteva cominciare oltre il cortile di casa. La via Emilia come il West. La Maremma come la California. Firenze come Boston, più o meno.
Perchè c'era l'America che non potevo proprio digerire, paese incomprensibile e odioso, industria di errori e orrori, dal Vietnam agli indiani massacrati, dalle sentenze capitali alle stragi di matti armati fino ai denti... Poteva essere facile odiare l'America. L'avrei odiata, non fosse stata per Hemingway e Jack Kerouac, per Fitzgerald e Allen Ginsberg, per Bob Dylan e parecchi altri...
Pagine, emozioni, riflessioni per cui devo essere grato alla cara vecchia Nanda. Con lei l'America mi è diventata un pollice puntato lungo una strada, un'improvvisazione jazz, un campus universitario. Guazzabuglio e possibilità. Sogno.
Da qualche tempo Fernanda Pivano se n'è andata, però non dimentico che donandomi tutto questo, donandomelo proprio in anni difficili, mi ha aiutato a essere un po' migliore di quello che ero e forse sarò.
Leggo le tue considerazioni sull'altra America,su come siamo arrivati a conoscerla ed amarla attraverso anche la mediazione della Pivano,quando le nostre letture sembravano ribelli e rubate ,quando ascoltare Bob Dylan era quasi trasgressione e mi reputo fortunata aver incontrato te ed il tuo blog.
RispondiEliminaCiao.