martedì 10 gennaio 2012

Perché Melville scelse la vita di marinaio

Insofferenza? Spirito d'avventura? Inquietudine? Insomma, cosa spinse Herman Melville ad abbandonare le strade di New York per il ponte di una nave spazzato dalle raffiche di vento? Perché decise di abbandonare gli agi di una vita borghese per l'inferno a bordo di una baleniera?

Non è una domanda oziosa, in fondo. Significa interrogarsi sul modo in cui un capolavoro può emergere dalla trama dei giorni. Perché è chiaro, non ci sarebbe Moby Dick senza quella vita vissuta, senza i calli alle mani, l'odore della salsedine, le onde da fare paura, la fatica alleviata solo da un bicchiere di rum o da una prostituta.

Dice Corrado Augias, che questa domanda se la pone nel suo I misteri di New York:

Non è semplice cercare di capire che cosa abbia spinto un ragazzo della buona borghesia, anche se momentaneamente decaduta, ad affrontare la durezza della vita per mare e la condizione di semplice marinaio

Non è semplice, e la scelta di quel ragazzo rimane avvolta nella stessa nebbia che può chiudere l'orizzonte a una nave:

In definitiva sappiamo solo che un giorno decise di andare, spinto da un bisogno o da una sofferenza più forti di lui

Questo sappiamo, insieme a ciò che da questa scelta venne fuori. Disse di sè Melville:

Una nave baleniera fu la mia Yale e la mia Harvard

Solo che nemmeno ad Harvard si impara a scrivere un capolavoro.

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