Georges Simenon, uno dei grandissimi della letteratura europea, probabilmente non ha mai avuto bisogno di grandi consigli in relazione alla sua scrittura, eppure anche lui di uno fece tesoro. Glielo regalò Colette, allora caporedattrice della sezione letteraria a Le Matin. E il consiglio in realtà era anche una critica a due racconti che Simenon aveva presentato al giornale:
Sono troppo letterari, sono sempre troppo letterari...
Ma come? Esiste il pericolo di fare troppa letteratura?
Cosa significhi davvero questo consiglio Simenon lo spiega in una straordinaria intervista del 1955 a Carvel Collins, oggi ripubblicata da Fandango in The Paris Review. Interviste. Cosa c'è di troppo letterario?, chiede Collins (e chiederemmo anche noi) Simenon risponde:
Aggettivi, avverbi, e ogni parola che è lì solo per fare effetto. Ogni frase che è lì solo per la frase. Hai ottenuto una frase meravigliosa - tagliala. Ogni volta che trovo una cosa del genere in uno dei miei romanzi la devo tagliare
Credo di aver capito. Letterario è ciò che appartiene solo alla sfera del bello scrivere. Ciò che non racconta davvero.
Simenone era grande perché in ogni rigo doveva pulsare la storia, la vita. Era grande non per quello che scriveva, ma per quello che riusciva a tagliare.
Sono troppo letterari, sono sempre troppo letterari...
Ma come? Esiste il pericolo di fare troppa letteratura?
Cosa significhi davvero questo consiglio Simenon lo spiega in una straordinaria intervista del 1955 a Carvel Collins, oggi ripubblicata da Fandango in The Paris Review. Interviste. Cosa c'è di troppo letterario?, chiede Collins (e chiederemmo anche noi) Simenon risponde:
Aggettivi, avverbi, e ogni parola che è lì solo per fare effetto. Ogni frase che è lì solo per la frase. Hai ottenuto una frase meravigliosa - tagliala. Ogni volta che trovo una cosa del genere in uno dei miei romanzi la devo tagliare
Credo di aver capito. Letterario è ciò che appartiene solo alla sfera del bello scrivere. Ciò che non racconta davvero.
Simenone era grande perché in ogni rigo doveva pulsare la storia, la vita. Era grande non per quello che scriveva, ma per quello che riusciva a tagliare.
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