lunedì 27 giugno 2011

Dalla Padania a San Francisco, andata e ritorno

Con gli occhi dell'esploratore misuravo tutte le differenze tra i due mondi. Era un esercizio in cui cercavo di mescolare l'immersione totale, l'etnologia e l'autocoscienza: mentre osservavo quotidianamente usi e costumi della popolazione locale, misuravo gli effetti si di me, espatriato, in una città costruita da stratificazioni di immigrati. Dalla grande politica ai piccoli gesti della vita quotidiana, cercavo di mettere in scena l'immensa distanza tra la West Coast e quell'angolo di Vecchio mondo che si stava autoconvincendo di essere Padania

Non so se la Padania sia sempre molto convinta di essere Padania, nè so se San Francisco, l'Estremo Occidente, un giorno potrà essere un po' meno distante dal Vecchio mondo, perlomeno per quanto ci riguarda. Ma intanto questo è un gran bel libro, per andare lontano. Per sognare e un po' anche per invidiare.

Non liquidatela come una delle solite raccolte che i giornalisti fanno dei loro articoli, per dare una seconda vita - più duratura - a quanto hanno scritto. Vero che si tratta dei pezzi che Federico Rampini scriveva per i lettori milanesi di Repubblica, raccontando di se stesso e del paese - l'incredibile California - dopo per quattro anni ha lavorato come corrispondente.

Però, proprio per questo, San Francisco-Milano. Un italiano nell'altra America (Laterza) è assai di più di una serie di pezzi curiosi, intrigranti, ben scritti. Più di un riflettore accesso sulle meraviglie della Silicon Valley o sulla magnifica resistenza della City Light di Ferlinghetti o sulla stupefacente educazione stradale dei californiani.

San Francisco-Milano, appunto. Sono libri come questo che ci dimostrano che un viaggio - e ancora di più un racconto di viaggio - non può prescindere dalla comparazione. Non può non vivere che nel raffronto tra la terra dove siamo arrivati e quella a cui apparteniamo.

E a cui ritorneremo, se il nostro è davvero un viaggio.

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