lunedì 16 maggio 2011

Babel, gli occhiali sul naso e l'autunno nell'anima

Era l'ebreo con gli occhiali sul naso e l'autunno nell'anima. Così si definiva lui stesso e pare di vederlo ancora, con i suoi occhialini tondi da intellettuale rivoluzionario e l'autunno che prima ancora che nella sua anima è sceso sul suo sogno di rivoluzione.

Si torna finalmente a parlare di Isaak Babel , anche grazie a un libro di Giovanni Maccari pubblicato recentemente da Sellerio. E io sono più che contento, perché con l'autore dei Racconti di Odessa e de L'armata a cavallo mi trovo decisamente bene.

Isaac Babel quel sogno se lo fece suo per intero e prima ancora che scrittore fu militante bolscevico, negli anni eroici della rivoluzione sovietica.

E racconto anche la guerra, solo che si compromise con eccessi di verità. Altro che romanticismo rivoluzionario, ideali che volano alto: nelle sue pagine c’erano lo sporco e il sudore, i corpi sbudellati e i rivoli di sangue, la ferocia gratuita e la follia dei comandi.

Si fece molti nemici, il povero Babel, e dopo fu assai peggio. Arrivò Stalin, arrivo il plumbeo terrore degli anni Trenta. Gli orrori della guerra lasciarono il campo agli orrori di una collettivizzazione di un regime che aveva tradito se stesso.
 
Babel  si distaccò ogni giorno di più dalla vita pubblica e dalla speranza che l’aveva animato negli anni precedenti. Ma questo ritrarsi non bastò a procurargli la quiete. Cominciarono a criticarlo per il suo estetismo.  E in quegli anni, essere bollati come esteti non era cosa lieve: entravi di diritto nella poco raccomandabile schiera dei borghesi decadenti e irredimibili. 

Nel 1934, al primo congresso dell’Unione degli scrittori sovietici Babel si strappò dalla bocca parole pesanti. Stava diventando il maestro di un nuovo genere letterario, proclamò:  il genere del silenzio.
 
Poi ci volle poco perché tutto precipitasse.

Ora verranno a cercarmi, scrisse dopo la morte di Maksim Gorkij, lo scrittore nelle grazie del regime che finora era riuscito a proteggerlo. E così fu. Babel venne arrestato nella sua casa di campagna, portato alla Lubianka, processato, condannato.

Lo fucilarono agli inizi del 1940, anche se ufficialmente lo si disse morto in un campo di prigionia in Siberia: anche la vedova ci mise 15 anni per scoprire la verità

Dopo la morte di Stalin venne completamente riabilitato: per quanto potesse significare, a quel punto. Quanto ai suoi manoscritti, sequestrati dalla polizia segreta, non vennero mai più restituiti.

Che cosa c’era tra quelle carte? Qualche altro capolavoro? Più volte ci ho pensato, a quel capolavoro che forse c'era e che è stato sottratto a tutti noi.

Nessun commento:

Posta un commento

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...