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venerdì 28 maggio 2010
Quando il viaggiatore non è più ospite
E insomma, a dispetto di quanti preannunciano, con minore o maggiore compiacimento, la morte dei quotidiani, quest'ultimi ogni giorno continuano a proporsi come una finestra sul mondo di cui non so fare a meno. Ogni tanto poi ci regalano qualcosa di prezioso. Come il paginone centrale di oggi di Repubblica, che anticipa alcuni passaggi della lezione dell'arcivescovo Dionigi Tettamanzi sotto il titolo Il dovere dell'accoglienza. Vi posso solo riportare alcuni passi del capitoletto Il migrante.
Come mai oggi non avviene più questo prodigio: che un viaggiatore che giunge da lontano, come Ulisse ai piedi di Nausicaa (Odissea, VI, 201-222), si trasformi in un prossimo che ha bisogno di aiuto e per il quale si diventi ospiti, ovvero "sostegno dei forestieri"?
Vi fu un tempo in cui il viaggiatore tormentato dalla sorte, il naufrago appeso ai resti di una imbarcazione, suscitava pietà, curiosità, accoglienza...
Nella cultura antica, il forestiero e l'ospite diventavano subito un prossimo che ha bisogni concreti: dargli una mano voleva dire muovere subito le mani in suo aiuto. Il viaggiatore giungeva sì da lontano, ma si trasformava subito in vicino: oggi questo "prodigio" non avviene più.
Anche l'Italia, guardando alla storia degli ultimi anni, fino a poco tempo fa accoglieva gli stranieri più da visitatori che da immigranti. La diversità destava stupore e permetteva di imparare qualcosa di nuovo,
Oggi gli immigranti giungono per mare su imbarcazioni che sono praticamente relitti. Tuttavia, vengono sempre meno percepiti come viaggiatori e sempre più come invasori.
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Già, tettamanzi si è beccato anche del 'comunista' da quelli della Lega per aver parlato più o meno in questi termini diversi mesi fa-
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