giovedì 25 marzo 2010

Cees Noteboom e le sue camere d'albergo



Indugi sulle sue pagine e non puoi non pensare alle parole di un filosofo arabo del dodicesimo secolo, Ibn al-Arabi:

Non appena vedi una casa dici: voglio restare qui, ma appena arrivato lì la lasci di nuovo per metterti in cammino


Perché è proprio così, Cees Nooteboom è uno dei grandissimi scrittore europei dei nostri anni, ma soprattutto è un nomade caparbio, appassionato, incapace di darsi tregua. Lui stesso ci racconta che un giorno si è messo sulle spalle lo zaino, ha salutato la madre, è saltato su un treno ed è diventato una freccia puntata sulla lontananza.

Da allora non si è più fermato, però ci ha messo un po’ più di tempo e di esperienza per capire che in un posto comunque è rimasto sempre: proprio quel posto dove è solo con se stesso.

In questo giorni mi è capitato di rileggere Hotel Nomade (Feltrinelli), libro particolare di un viaggiatore particolare.

Le infinite stanze di albergo del suo errare diventano le stanze della sua anima: e lui le apre per farti entrare e accoglierti.

Magari con parole come queste:

Forse le cose stanno così: il vero viaggiatore si trova sempre nell’occhio del ciclone. Il ciclone è il mondo, l’occhio è ciò con cui lui guarda il mondo. La meteorologia ci insegna che nell’occhio si sta tranquilli, forse quanto nella cella di un monaco

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