venerdì 6 luglio 2012

Il Gorilla e la bellezza come un malinteso

Elena si è fatta un viaggetto all'inferno e ne è uscita, ma tenendosene dentro di sé un pezzetto. Conosco quello sguardo, lo conosco molto bene: è lo stesso che avevo io alla sua età.
Ce l'abbiamo tutti, noi matti che dobbiamo sopravvivere nel mondo dei normali.


Di Sandrone Dazieri finora avevo letto poco e senza molta convinzione. E dunque è stata davvero un piacere inatteso, la lettura di La bellezza è un malinteso (Mondadori), libro bello fin dal titolo, che peraltro gioca una parte non secondaria nella trama.

Bello, ma non tanto per le atmosfere hard-boiled, che nemmeno sono necessarie. Bello perché è un libro che si contiene a stento nel genere, fatto non solo di omicidi e vari colpi di scena, intriso com'è anche di periferie, sonni agitati, crepuscoli, interrogativi che guardano dentro più che alle vicende che capitano fuori.

Bello, perché è bella la figura del Gorilla, il protagonista, che Dazieri ha accompagnato negli anni, fatto crescere e maturare, segnato dall'età, dalle esperienze, dalle scelte di vita. Lui che ora esige una vita tranquilla e che si farebbe bastare il suo lavoro per un'assicurazione. Lui che si è perfino sposato e non vagheggia avventure e bevute.

Lui, soprattutto, che non è solo lui, perché è ormai abituato a convivere con il suo Socio: quel doppio che peraltro non è mica raro, solo che quasi sempre viene ignorato, e nel caso, detestato e combattuto. Quando invece, tutto sommato, ci si può anche convivere. Fino a farla franca, un'altra volta ancora.

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