domenica 4 aprile 2010

Quando le poste strangolano le case editrici


Per una volta non parlo di libri e di scrittori, ma semmai delle condizioni per cui i libri possono continuare a essere pubblicati e arrivare nelle case dei lettori. Sembra una questione da addetti ai lavori, invece la decisione sulle tariffe postali, arrivata l'altro giorno come un fulmine a ciel sereno, rischia di mettere in crisi tante e tante case editrici (per non parlare di giornali e riviste). Per questo vi invito a firmare e a far circolare questo appello che trovate, tra l'altro, anche sul sito di Articolo 21.



Appello
- Al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
- Al presidente del Senato Renato Schifani
- Al presidente della Camera Gianfranco Fini

Dal primo aprile tutte le tariffe agevolate a favore dell’editoria sono state abrogate, con particolare riferimento alla spedizione degli abbonamenti. Il decreto interministeriale del 31 marzo ha soppresso una norma fondamentale per la sopravvivenza di giornali, riviste e case editrici. Un nuovo colpo all’editoria, dopo l’eliminazione del diritto soggettivo per i contributi (comma 62 dell’art.2 - ex 53 bis), per un settore che attraversa una difficile congiuntura a tutti ben nota, governo compreso. Si tratta, quest’ultimo, di un provvedimento pericoloso e inaccettabile, sbagliato sia nel metodo che nel merito che intendiamo contrastare, convinti di vivere ancora in uno Stato di diritto. La decisione del governo di cancellare con un decreto le tariffe agevolate per la spedizione di giornali in abbonamento postale apre una ulteriore spaventosa voragine nel settore dell’editoria che provocherà la cancellazione di centinaia di testate e alcune migliaia di posti di lavoro tra giornalisti, amministrativi e tecnici. Il decreto interministeriale, attuato da Tremonti e Scajola, farà risparmiare allo Stato italiano 200 milioni di euro all’anno. Un bel risparmio, per il Governo, un esborso gravoso e letale per i piccoli e medi editori. Attualmente Poste Italiane lavora in regime di monopolio e la liberalizzazione non partirà prima del 2011, quindi fino a quel momento non ci sarà un regime concorrenziale in grado di agevolare il settore editoriale. Attualmente la quota messa a disposizione dal governo per tre mesi, 50 milioni di euro per coprire la differenza che c’è tra la tariffa agevolata (13 centesimi, per ogni singola copia spedita in abbonamento da un giornale) e la tariffa normale (28,30 centesimi a copia riconosciuta a Poste italiane), è già esaurita. Da subito, dunque, gli editori dovranno trovare i 15,3 centesimi di differenza, calcolati su ogni spedizione, se vorranno continuare a far arrivare il proprio giornale ai lettori abbonati.
La decisione del governo inoltre è arrivata senza che gli editori fossero informati e senza aver avuto il tempo di poter capire come organizzarsi diversamente, cosa pressoché impossibile se non a scapito di un aggravio di costi. Un danno anche per chi lavora nel mondo dell'editoria libraria. Le ricadute saranno pesanti non solo in termini economici per la vita delle case editrici, ma anche per la cultura e l’informazione del paese: il canale postale è infatti uno strumento fondamentale di diffusione di libri, soprattutto in quelle zone d’Italia non servite da librerie. Riteniamo questo provvedimento inaccettabile nel metodo, non è possibile cambiare dall’oggi al domani le regole in corso, e per di più senza alcun preavviso e confronto, senza tener conto che dei rapporti contrattuali esistenti – che coinvolgono editori, operatori ed abbonati – sui quali si agisce retroattivamente. Sbagliato nel merito perché si doveva dare attuazione alle norme vigenti che stabiliscono la compensazione per Poste Spa fino alla tariffa praticata ai loro migliori clienti. Ciò avrebbe consentito di ottenere i risparmi necessari per ridurre il fabbisogno e di evitare un altro durissimo colpo all’editoria. Occorre mettere riparo rapidamente a tale improvvida decisione, perché gli aggravi economici che produce ricadono immediatamente sugli editori, gran parte dei quali, piccoli e medi, non sono in grado di sostenerli, né esistono le condizioni di mercato per trattare direttamente con Poste il costo delle spedizioni, con il rischio reale di dover cessare le pubblicazioni. Riteniamo che debbano almeno essere salvaguardate le riduzioni per tutte quelle pubblicazioni culturali e di informazione che rappresentano e promuovono un bene sociale. Per questo motivo chiediamo l’intervento urgente delle tre più importanti cariche istituzionali per far sì che si possano ripristinare, quanto prima, sia l’agevolazione postale che il diritto soggettivo. «Salvare il pluralismo dell’informazione evitando allarmismi», così esortava il presidente Napolitano al Quirinale nell’ottobre 2008. Oggi siamo passati dagli allarmi ai fatti.

2 commenti:

  1. L'importante sembra essere solo fare una grande campagna mediatica sostenendo di avere risollevato l'economia nazionale senza aumentare le tasse... ma nessuno rende pubblici questi soprusi e per l'ennesima volta l'economia (o gli economisti? i governi?) si rifanno il trucco sulle spalle della CULTURA.
    La storia insegna che le masse si controllano nell'ignoranza, direi che da questo punto di vista è stata imboccata una strada a discesa veloce già da un pò.

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  2. Quanto hai ragione... e poi si fanno le campagne di comunicazione tipo "Pubblicità & Progresso" per dire quanto è bello leggere... o tempora o mores...

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