Non so cosa avesse combinato, mi informerò, ma la storia di questo viaggio si inquadra in questo contesto, è frutto del bisogno di Curzio Malaparte di riacquistare meriti di fronte al regime fascista. Ecco allora un buon motivo per partire: "illustare il nuovo criterio stabilito per l'emigrazione bianca in Etiopia, la creazione di un 'impero bianco' in un paese nero".
Per quanto mi riguarda non è un gran motivo, è chiaro. Però poi Curzio parte davvero, il viaggio comincia. E fin dall'inizio cambia tutto. Il suo modo di guardare l'Africa, il senso della sua scrittura. E sono davvero belli questi pezzi scritti per il Corriere della Sera. Conformisti solo in superficie, in realtà con tutta la forza e la schiettezza del Malaparte che abbiamo imparato a conoscere. Bene ha fatto una casa editrice come la Vallecchi a riproporceli nella sua collana di letteratura di viaggio, Off the road.
Originale fin dall'inizio, con l'attacco del primo pezzo, intitolato L'Africa non è nera: "Tra poco la diligenza per l'Africa lascerà il porto...". Già, perché Malaparte paragona il suo piroscafo per Massaua a "un'antica e bonaria diligenza di paese, di quelle che percorrono le strade maestre fra un borgo e l'altro, fra un mercaro e l'altro, e ogni tanto scompaiono nell'insolente nuvola di polvere e fumo..."
Inizia così e poi continua con molte altre pagine di grandissimo valore. Pagine anche discutibili, per l'assenza di qualsiasi scrupolo morale, per l'accettazione senza incrinature della "missione" imperiale, della supremazia dell'uomo bianco.
Malaparte è così, va preso o lasciato, magari lasciato e poi ripreso. E sono davvero da leggere le sue pagine sulla "Romagna d'Etiopia", tentativo dei coloni italiani non di adattarsi a un altro paese, ma di ricostruire in Africa un lembo di campagna italiana. Follie della storia.
A proposito, ci sono anche pagine che mi hanno decisamente divertito. L'appendice, per l'appunto. Ovvero la corrispodenza tra Malaparte e il direttore del Corriere, il grande Aldo Borelli. Lo scrittore fu svelto a intascare gli anticipi per le corrispondenze, ma ce ne volle prima che si decidesse a scrivere anche solo il primo pezzo. Sparito in Africa, solo al suo rientro cominciò a far avere qualcosa, tra infiniti solleciti, minacce e pretesti, malattie più o meno autentiche, ulteriori trattative.
Un notevole tira e molla che è simpatico andare a rileggersi. E a me piace immaginarmelo, Curzio Malaparte, appena sbarcato in Africa e subito ben disposto a incantarsi e a perdersi. Il Corriere della Sera? E che sarà mai?
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