sabato 12 giugno 2010

Borges e l'umiltà del grande scrittore


E' uno degli autori che negli anni ho più letto e amato, Jorge Louis Borges, e tra le cose che di lui mi piacciono c'è anche l'umiltà. Non è lo scrittore che si piazza sul piedistallo e pontifica. Se proprio, preferisce sentirsi una sorta di bibliotecario che il destino ha messo in grado di giocare con le parole di altri, di pescarle e di ricombinarle a piacimento. E chissà chi scrive davvero cosa (A volte trovo testi scritti da altri e penso che siano miei).

Di lui sto leggendo in questi giorni una raccolta di interviste proposta da Datanews, Io, poeta di Buenos Aires. Tra le tante c'è questa frase che mi ha colpito.

Io non scrivo pagine definitive. Mi sembrò così strano quando Enrique Larreta pubbicò un libro, La gloria de Don Ramiro, e scrisse 'edizione definitiva'. Come poteva sapere che il giorno dopo non gli sarebbe venuta la voglai di mettere il punto dove aveva messo punto e virgola, come se ne poteva difendere, come poteva accettare tutti gli aggettivi, tutta la punteggiatura di quel libro, come poteva non pensare che sarebbe stato meglio scrivere color rosso dove aveva messo color carne, come poteva dire edizione definitiva, le edizioni definitive si fanno quando uno eè morto, allora certo che sono definitive, ma prima tutto è correggibile, migliorabile...

Lezione importante, soprattutto per quanti si sentono nei paraggi della perfezione.

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