lunedì 3 febbraio 2014

Giocare a tennis davvero, lontani da Wimbledon

Possiamo noleggiare un campo per un'ora?
Uhm. Sì.
Quanto costa?

Così entrano in campo, Andre e Stef. Posano le loro borse, gettano un'occhiate alle loro scarpe, così pulite, fanno un po' di stretching, con cautela però, perché di tempo ne è passato. Quale parte scegli? Quindi via, il primo diritto. Un colpo, un altro colpo. I muscoli si riscaldano, il sorriso si allarga.

Ecco, secondo me è da queste ultime pagine che bisogna partire, per misurare compiutamente la bellezza di un libro come Open di Andre Agassi. E' solo a questo punto che si capisce che c'è tutta una vita dentro. Che si è chiuso il cerchio, regolati i conti. Che quel ragazzino che odiava il tennis e che è diventato un grande campione di tennis ha fatto pace con l'adulto che è ora Andre.

Non più lo stress dell'agonismo, le maratone dei tornei, i montepremi su cui mettere le mani, le telecamere a cui mostrarsi un po' meglio di quanto si è, la preoccupazione per un corpo che finirà per cedere, è evidente. Non più il dover mettere in conto vittorie e sconfitte, mentre una vocettina suggerisce che sei tu il primo avversario, quello che alla fine ti farà le scarpe. Non più rancore, nemmeno per quel padre padrone che in effetti è stato più un manager che un padre.

Tutto finito ora. Andre con Stef, sua moglie, anche lei straordinaria campionessa, altra storia di impressionanti successi alle spalle. Ne è passato di tempo. Questo non è il centrale di Wimbledon, ma un campo da prendere in affitto, come i comuni mortali.

Ma ci si diverte sul serio, ora. Ogni tiro è importante, ora. Bei colpi e brutti sbagli, ma che importa. Non siamo pienamente coscienti di niente se non della palla, della rete, di noi due. Ancora qualche colpo.

Adesso che niente può più preoccuparli giocano davvero. Nemmeno si accorgono che in silenzio, a occhi sgranati, la gente si è radunata intorno al campo. Non sarà l'ultimo spettacolo.

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